Ciao Phil, si gli androidi le sognano le pecore elettriche

Pagina pubblicata in data 2 marzo 2020
Aggiornata il 22 agosto 2022

Santa Ana, Stato della California. Philip Kindred Dick, scrittore di fantascienza poco conosciuto al grande pubblico, praticamente sul lastrico, muore all'età di 53 anni a causa delle complicazioni di un ictus.

Il 25 giugno, poco meno di 4 mesi dopo, nelle sale cinematografiche uscirà una delle pellicole capolavoro del regista Ridley Scott: Blade Runner.

Film tratto proprio da un romanzo breve, pubblicato nel 1968, di Philip Kindred Dick: "Do Androids Dream of Electric Sheep?".

Sua figlia Isa, allora quindicenne, ricorda di essere andata a vedere il film in un cinema di San Rafael sperando che potesse, in qualche modo, mantenere viva una parte di suo padre.
"Sono andata con mia madre e mi ricordo che c'erano forse altre due persone in tutto il cinema, ed era così ovunque... ricordo anche che le luci si sono accese prima della dedica funale, che non sono nemmeno riuscita a vedere. È stato come un doppio schiaffo in faccia."

Le sue idee, negli anni a seguire l'uscita di Blade Runner, si rivelarono perfette per la nascente era digitale, che ricercava sempre di più nella fantascienza alienati più che alieni.

Gli anni Novanta riconosceranno allo scrittore il dovuto successo. I suoi libri diventano per Hollywood una miniera inesauribile di idee. Film come "Minority Report" di Steven Spielberg, "Total Recall" di Paul Verhoeven, "Paycheck" di John Woo, serie televisive come "Philip K. Dick's Electric Dreams" o "The Man in the Hight Castle", sono solo alcuni esempi della fertilità creativa dello scrittore nativo di Chicago.

Philip Dick era noto ai suoi contemporanei per i suoi comportamenti piuttosto bizzarri. Ingeriva enormi quantità di droghe, per poter continuare a scrivere senza dormire per giorni interi, forse settimane, per completare i suoi romanzi ed i suoi racconti.

Negli ultimi anni della sua vita, manifestò i sintomi di una probabile schizofrenia, o più probabilmente manifestò le conseguenze di anni di eccessi.

Indipendentemente dalle cause dei suoi comportamenti, è proprio in questo periodo della sua vita che ha composto le sue opere più brillanti.

"Ubik" è considerato il suo capolavoro. Time Magazine del 2005 lo ha inserito nei 100 più grandi romanzi in lingua inglese a partire dal 1923.

Si può sintetizzare la complessità dell'opera di Dick in un assunto, e cioè che nessuna realtà è più reale delle altre. Tutta la sua opera è di fatto il tentativo di rispondere a due domande. "Che cosa è reale?" e "Che cosa è umano?".

È innegabile che la vita di Dick fu segnata dalla più totale sregolatezza. 5 matrimoni falliti. L'incapacità a creare relazioni stabili con altre persone. Non fu quindi, quando era in vita, un "perfetto" esempio a cui guardare. Ma è innegabile che come ogni genio che la storia umana ha conosciuto, fu forse proprio la sua "eccentricità", la sua "follia", a renderlo uno dei più grandi scrittori del Novecento, e che abbiamo purtroppo perduto troppo presto.

Dott. Francesco Russo